lunedì 23 aprile 2018

Razionalità e Sopravvivenza

Mi sono sempre sentito dare del razionale e questo si è sempre accompagnato ad un sentimento a metà tra il disprezzo e la commiserazione.
Sia chiaro mi ritengo un razionale e non sento questo termine come offesa, anzi, lo reputo un valore positivo. 
Il mio stupore a proposito della precedente frase è nel sentimento con il quale al mio essere razionale ci si riferisce.
Generalmente il razionalismo è visto in contrapposizione, in negazione dell’istinto.
Essere razionale diviene quindi sinonimo per molti dell’essere privo di sentimenti, degli slanci propri dell’istinto. 
Tutto ciò è semplicemente assurdo.

Il razionalismo non nega per nulla l’istinto, la pienezza delle emozioni, le catarsi affettive. 
Direi piuttosto che esso si affianca, nuovo strumento, al preesistente istinto.
La capacità di pensare, intrinseca del razionalismo, si sposa con la dimensione istintiva amplificando le potenzialità dell’individuo che nell’agire sappia coniugare l’istinto del fare con il pensiero della scelta.
Essere razionale significa in definitiva saper scegliere, affiancare alla totale mancanza di giudizio dell’istinto una metrica in grado di evidenziare i pro ed i contro delle diverse soluzioni possibili ad un problema. 
Una metrica in grado di permettere la costruzione di un giudizio connotato da presupposti d’oggettività.

Mi è sempre piaciuto sentirmi dare del razionale. 
In una società dove sia la complessità dell’interazione sociale, sia quella delle macchine, strumenti dell’agire, è in costante ed accelerato aumento, l’istinto da solo non aiuta più a sopravvivere.
E’ ovvio che all’aumentare della complessità anche la dizione “sopravvivere” muta di significato: da semplice locuzione per “non morire” si trasforma in “vivere bene“, avendo un’adeguata qualità della vita. 
Dove “vivere bene” è il modo che soddisfa le necessità sia istintive che razionali dell’uomo.

La cultura del controtempo non può che essere figlia del razionalismo. 
Per controtempo intendo la possibilità di fruire in orari anomali di certi piaceri, ad esempio;:
  • lavorare di notte e/odi domenica, per guadagnarmi la possibilità negli orari canonici d'ufficio di poter fare altro;
  • scendere in centro per passeggiare a Roma, bella e terribilmente convulsa ed affollata città, solo il sabato dalle 11.00 alle 15.00, senza dover fendere la calca, come ancora vivere la magica sospensione di Roma d’agosto;
  • fruire le ferie e viaggiare per l’Italia e l’Europa, tra aprile e la prima metà di giugno, oppure da metà settembre fino ad inizio novembre.
Alimentarsi di questo per sopperire costantemente alle esigenze dell’istinto i vari modi, i contro flussi dell’agire.

Il razionalismo e la cultura del controtempo aiutano in questo modo a risparmiare le energie, a dilatare i tempi, a guadagnare i margini per oziare lentamente.
Senza razionalità, usando solo l’istinto, la quotidianità ci piomba addosso togliendoci qualunque volontà di fare ed il tempo di fare qualunque cosa sfugga alla quotidianità stessa come scrivere questo post adesso.
E’ la razionalità che mi permette di premiarmi ogni giorno in modo da avere il piacere di svegliarmi il giorno dopo.
Fortunatamente il premio quotidiano più bello è tornato ad essere la compagna che ho vicino, la possibilità di avere, dopo le necessità di casa, famiglia, lavoro, il tempo e la voglia d’incontrarsi. 
Cosa che non è detto debba necessariamente accadere solo perché si vive nella stessa casa.


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