sabato 30 giugno 2018

Svogliatezza e confusione - Perplesso

Come faccio ad andare ad una cena che nemmeno so dove si terrà?
Stavolta chiamo Roberto, un collega di Daniela, forse saprà dirmi qualcosa.
Roberto mi risponde … Parlando come se lo avessero operato alle corde vocali. 
Alla richiesta di sapere dove e a che ora è la cena mi risponde dicendomi che sta assistendo al concerto.
Quale concerto? Ecco perché parla afono, cerca di non disturbare.
Cazzo! Ora ricordo che c’era scritto sull’invito …
Il concerto che precede la cena, esattamente all’intermo dello spazio congressi dove domani si terrà il convegno. 
Accidenti, tra aereo in ritardo e la mia dimenticanza dell’invito ho fatto tardi. 
Riesco ad estorcere a Roberto l’indirizzo ed il numero civico di questa sede congressuale.
Gli prometto di precipitarmi al più presto. 

Mentre il taxi mi porta rifletto su come la mia svogliatezza mi abbia portato a confondermi scordando l’invito. 
Sono anche perplesso su Daniela, dove è finita? 
Perché si è portata la figlia? 
Che centra l’esame al politecnico? 
Come farà domani ad accompagnarla, come gli ha promesso, e allo stesso tempo a venire a sentire il mio intervento, come mi ha promesso?

Milano appare sospesa, come me, nell’inedia della domenica sera, traffico zero, silenzio ovattato, rarefazione. 
Finalmente sono alla sede congressuale, nel nulla intorno alla vecchia fiera. 
All’ingresso, illuminato, non c’è nessuno. 
Immane atrio vuoto, scale mobili in movimento e deserte. 
Nessuna indicazione di dove andare, assenza di rumore. 
Possibile essere così “non accolti” a una cena di gala? Sarà perché sono in ritardo.
Dopo 4 scale mobili in salita, inizio a sentire un vocio, finalmente qualcuno in quell’edificio immenso. 
Inizia un dedalo di ampi corridoi di parquet, come fossero campi di pallacanestro. 

venerdì 29 giugno 2018

Svogliatezza e confusione - Meravigliato

Salgo nella mia stanza un poco meravigliato perché Daniela è milanese, certo non mi aspettavo la sua presenza in albergo.
Dopo aver combattuto 10 minuti con la tecnologia delle chiamate interne all’albergo, finalmente parlo con la stanza 121. 

Risponde, come previsto, una voce di donna:
Ciao Daniela sono Marco, sono arrivato in albergo appena adesso, volevo sapere dove è la cena e se andiamo assieme …”.
La voce che risponde è troppo giovane:
Sono la figlia … mia madre è uscita …”.  
Che ci fa la figlia in albergo? 
Per la verità nemmeno sapevo che Daniela avesse una figlia.
M’incasino tra il lei, poiché la figlia non la conosco, e il tu, che l’immaginabile giovane età potrebbe concedermi: 
Sono Marco, stasera dovrei essere a cena con sua madre … no non mi sono spiegato bene … volevo dire che sono un collega di mamma, un collega capito … e che stasera dovremmo andare assieme a una cena di gala, ma tua madre dove sta?”.

La ragazza m’appare imbarazzata, si lancia in una spiegazione del fatto che con la madre sono arrivate nel pomeriggio, perché domani lei dovrà fare un esame di ammissione al Politecnico. 
Non sa dirmi dove sia la madre, né a che ora torni, addirittura pensava che avrebbe cenato con lei in albergo. 
Gli chiarisco che non se ne parla nemmeno,che dobbiamo andare a questa benedetta cena di gala.
Possibile che la figlia di Daniela s’intristisca? 
Non mi rimane che chiedergli di dire alla mamma di richiamarmi. 
La ragazza solerte (del resto domani sosterrà un esame di ammissione al Politecnico, deve essere sveglia per forza!) mi chiede di lasciargli il numero. 
Di rimando gli dico che la sua mamma lo conosce benissimo e mi raccomando nuovamente di farmi richiamare appena rientra che è già tardi per la cena.
Dopo un quarto d’ora Daniela non si è ancora fatta risentire.
Di richiamare la figlia proprio non mi va, quando ho riattaccato mi è sembrato che pensasse a tutta una scusa, come se tra me e la madre chissà cosa ci fosse. 

giovedì 28 giugno 2018

Svogliatezza e confusione

Che palle, è inizio maggio, sono appena tornato da Ischia dove ho festeggiato i miei 50 anni, non ho voglia d’andare a Milano per una trasferta di lavoro.
Daniela m’ha incastrato chiedendomi, non solo di partecipare al convegno che sta’ organizzando, ma pure di aprirne i lavori con un intervento e perfino presenziare alla cena sociale la sera prima, cosa che mi costringe a partire di domenica.
Domenica pomeriggio a Roma c’è un’afa terribile, piove sabbia mentre sto andando verso l’aeroporto. 
Avrei preferito rimanermene rintanato a casa, come ho fatto ieri per tutto il sabato, sbracato sotto la pala coloniale che domina il mio letto, regolata a forza III, quella che regala impetuosi refoli di frescura.
Parto svogliato, accaldato dall’abito fresco lana antracite, un ossimoro la dizione fresco lana, strangolato dalla cravatta indossata sopra una pressoché inevitabile camicia azzurra di cotone. 
Almeno ha una trama originale, costituita da fittissime e sottilissime righe orizzontali, alternate bianche e azzurre, impercettibili a vedersi, con il solo effetto di schiarire l’azzurro. 
Unica deroga all’inevitabile omogeneità del vestire maschile da “manager “che mi concedo, sono i cangianti colori della cravatta Missoni che ho scelto.

Parto avvilito dall’umido maltempo, annoiato, sconnesso, tanto che mi scordo di prendere l’invito per la cena, limitandomi al biglietto aereo e al voucher dell’albergo.
Inevitabilmente l’aereo tarda un’ora e mezza a partire. 
Avrei letto il buon libro di Paul Auster, “Follie di Broklin”, che mi sono portato da iniziare, ma in quello stesso tempo che attendo il gate da cui dovrei partire cambia ben quattro volte, tutta l’attenzione è rivolta a capire da dove dovrò imbarcare sull’aereo.
La cosa migliore del viaggio verso Milano sono i salatini, mi sono offerti da una hostess sorniona: entrando mi ha fatto una battuta lanciandomi una simpatica occhiata, forse era un complimento ma, l’ho detto, parto svogliato e confuso, non l’ho recepito.

Arrivo in albergo alle 20.00, appena in tempo per la cena fissata per le 20.30. 
Lì alla reception consegnato il voucher e l’unico documento d’identità, realizzo di non avere la minima idea di dove si svolgerà la cena cui sono stato invitato. 
Per questo chiedo al portiere se ci sono messaggi per me da parte di Daniela, la donna che per conto dell’organizzazione del convegno mi ha invitato, facendomi avere il biglietto aereo, la prenotazione alberghiera e l’invito per cena che ho scordato. 
Il portiere solerte m’informa che non ci sono messaggi ma che Daniela è già arrivata in albergo e alloggia nella stanza 121. 

mercoledì 27 giugno 2018

Parole per la "mia" Sardegna

Parole mie, parole di altri, parole lette, parole rubate, parole ricordate, parole storpiate, parole amate, parole per vivere.



Sardegna, isola fuori dal tempo e dalla storia.
Questa terra non assomiglia ad alcun altro luogo, 
è un'altra cosa, 
più ampia della sua isolata limitatezza, 
così irregolare che svanisce in lontananza. 

Creste di colline, 
come fosse brughiera scozzese, 
irrilevanti, 
che si perdono, forse, 
in un tentativo d’assedio del Gennargentu. 

Incantevole spazio tutt’intorno, 
mete e distanze per viaggiare, 
nulla di finito, 
nulla di definitivo. 
Si sente la necessità assoluta di muoversi.

Soprattutto di muoversi in una direzione particolare. 
Una doppia necessità: 
muoversi e sapere in che direzione.
E' come la libertà stessa.
In Sardegna cerco la mia libertà.

martedì 26 giugno 2018

Carbonara – Epilogo

Mi convinco che sulla base degli indizi raccolti si possa definitivamente chiudere:
  • con le ipotesi dei carbonai sull’Appennino;
  • con le altre suggestive ma improbabili origini che risalgano a prima della seconda guerra mondiale;
  • ancora con quelle che spiegano il nome con l’utilizzo di una robusta spolverata di pepe. 

Vere e proprie “invenzione della tradizione”, che servono per scomunicare varianti della ricetta rispetto alla presunta versione “originaria”, che come si evidenzia non è mai esistita.


Ovviamente la ricetta che preferisco e consiglio è la mia, con buona pace di Roberto Gualandi, Ada Boni e tutti gli altri preparatori della Carbonara.


Buona carbonara a tutti!


A proposito mi sovviene della variante con aggiunta di carciofi oggi sempre più in voga ...

lunedì 25 giugno 2018

Carbonara – Ristorante L’Arcangelo la verità di Arcangelo Dandini, 2012

Stimolato da questa indagine sulla Carbonara mi concedo una visita al ristorante “L’Arcangelo” di Arcangelo Dandini, uno dei moderni profeti della Carbonara in particolare e della riscoperta e riscrittura della tradizione gastronomica romana in generale.
L’Arcangeloè uno dei ristoranti “importanti” di Roma. Rifugio elettivo per gli appassionati di alta cucina quando scocca la voglia di una Gricia cucinata come si deve. 

Non è un caso se, sul web, non vi sia classifica sulla migliore Carbonara o sulla migliore Amatriciana che non veda l’Arcangelo ai primissimi posti.
Secondo Dandini, la verità starebbe in mezzo perché la Carbonara sarebbe l’evoluzione di un piatto di origini laziali che anticamente si chiamava “cacio e ova”, con l’aggiunta del bacon americano e del pepe. Egli commenta così la questione: 
“Il giorno dopo l’intervista a Gualandi, la stessa troupe mi fece una controintervista, dove ho potuto fare chiarezza su questa vicenda. 
La carbonara è l’evoluzione del piatto che anticamente si chiamava cacio e ova, di origini Laziali e Abruzzesi, che i carbonari usano portare nei loro “tascapane”, preparati anche il giorno prima e consumati freddi, con il solo utilizzo delle mani (uguale per la cacio e pepe quando non avevano le uova). 
Le fonti? Mia nonna, che era una cuoca professionista, nata ai primi del novecento e che aveva appreso queste notizie da sua nonna anch’essa cuoca, mi parlava di questo piatto che negli anni cinquanta nella sua trattoria di Rocca Priora (RM) cominciavano a chiederle con il guanciale oppure, orrore, con la pancetta, spiegandomi che gli Americani avevano aggiunto questo ingrediente che confondevano con il loro bacon (poiché una volta si affumicavano anche i guanciali al fumo dei camini) e che fa tanto prima colazione americana.”


domenica 24 giugno 2018

Carbonara – La ricetta di Arcangelo Dandini, 2012

Arcangelo Dandini, sostiene l’inutilità del pepe nella Carbonara. 
Secondo Dandini il fumo dell’affumicato sostituisce l’amaro del pepe, spezia a suo avviso sopravvalutata per certe preparazioni della cucina romana, di chiaro stampo casalingo e di estrazione povera.

Non sono d’accordo con Lui, come non lo sono con il gruviera, il burro e la crema di latte di Gualandi, il prezzemolo e il parmigiano della Boni, con ma do spazio anche alla sua ricetta per 4 persone:
  • 420 g di rigatoni(Verrigni);
  • 100 g di guanciale di maiale stagionato e leggermente affumicato al fumo di un camino usando rosmarino secco;
  • 4 rossi d’uovo biologico;
  • 70 g di pecorino romano o misto con canestrato di Moliterno;
In una ciotola capace mettere i rossi d’uovo e metà del pecorino e amalgamare con poca acqua di cottura (1 cucchiaio).
In una padella di ferro tostare il guanciale che avrete tagliato a julienne tenendo conto di lasciarlo con due parti di grasso e una di magro.
Il grasso di risulta, un cucchiaio circa, va versato nella ciotola delle uova.
Appena tostato il guanciale, che cambierà di colore diventando brunito, tenetelo da parte.
Appena pronta la pasta mettetela nella ciotola e mantecatela con un po’ di acqua di cottura, aggiungete il guanciale e subito dopo il pecorino.

Servite.


sabato 23 giugno 2018

Carbonara – La contestazione della rivendicazione di Roberto Gualandi, 2012

Come, spesso succede, per la paternità delle opere d’arte c’è chi contesta il primato di Gualandi. La sua rivendicazione viene criticata da molti esperti del settore e da alcuni chef. 
In particolare c’è:
  • chi vanta origini romane della pasta;
  • chi la collega ai carbonari dell’Umbria. 

La tesi di Gualandi mi sembra però avvalorata però dal fatto che non ci sono testimonianze letterarie della carbonara prima del 1944 e che a Roma il piatto fosse sconosciuto prima della seconda guerra mondiale. 

Come si è visto la citazione più antica si potrebbe ascrivere ai gusti di Trilussa e non è incompatibile con la collocazione a cavallo della II guerra.


venerdì 22 giugno 2018

Carbonara – La ricetta di Renato Gualandi, 2012

Per Roberto Gualandi la mitica ricetta, che non ammette variazioni è la seguente: 
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  • 150 grammi di bacon tagliato a julienne;
  • tostato con 50 grammi di burro;
  • bagnato con un quarto di crema di latte,;
  • 150 grammi di formaggio gruviera o formaggio tenero;
  • aggiungere polvere di uovo secco;
  • a fuoco spento, aggiungere un rosso d’uovo;
  • scolare gli spaghetti al dente;
  • facendo attenzione a che non siano troppo asciutti; 
  • rimescolare con il composto precedentemente preparato; 
  • a piatto ultimato spolverare con pepe nero.


giovedì 21 giugno 2018

Carbonara – La ricetta di Ada Boni, 1984

Nella versione del 1984 del “Talismano della felicità” la Carbonara compare. 
Per di più con l’aggiunta agli ingredienti tradizionali che mi lascia molto perplesso, di:
  • cipolla, 
  • prezzemolo,
  • parmigiano invece che pecorino.

Questa la ricetta per 6 persone:
  • spaghetti 600 g;
  • uova intere 3;
  • pancetta 200 g;
  • burro 30 g;
  • parmigiano grattato 50 g;
  • cipolla 1;
  • prezzemolo 1 ciuffo;
  • pepe;
  • vino binco secco mezzo bicchiere.
Affettate sottilmente la cipolla e ritagliate in dadini la pancetta, mettendo poi ogni cosa a rosolare con il burro in una padellina.
Appena cipolla e pancetta avranno raggiunto una tenue colorazione, versate nella padellina il vino bianco e fate evaporare lentamente.
Battete in una terrina le uova come per frittata ed in essa versate il parmigiano grattugiato, il prezemolo finemente tritato, ed il pepe.
Mettete a cuocere in abbondante acqua senza sale la pasta e, appena sarà giunta al giusto punto di cottura, scola tela e versatela nella terrina con le uova.

Date una buona mescolata, versate la pancetta ben calda sulla pasta, ed inviate subito in tavola.



mercoledì 20 giugno 2018

Carbonara – La rivendicazione di Renato Gualandi, 1944

Per festeggiare la liberazione di Riccione, avvenuta tra il 20 e il 21 Settembre del 1944, gli alleati anglo-americani di stanza a Riccione, l’ottava armata inglese e la quinta armata americana, organizzarono una cena di gala affidando il menù della serata a Renato Gualandi, Chef bolognese.
Gualandi preparò un menù straordinario, realizzato unendo elementi della cucina anglosassone con quelli della cucina italiana.
Creò gli Spaghetti alla Carbonara, utilizzando degli ingredienti messi a disposizione dagli alleati:
  • bacon, 
  • crema di latte, 
  • formaggio fuso, 
  • polvere di rosso d’uovo,
  • una spolverata di pepe fresco macinato. 

Racconta oggi Gualandi:
“Gli americani avevano del bacon fantastico, della crema di latte buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo. 
Misi tutto insieme e servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. 
All’ultimo momento decisi di mettere del pepe nero che sprigionò un ottimo sapore. 
Li cucinai abbastanza "bavosetti" e furono conquistati dalla pasta». 

Gualandi, morto 87enne nel 2016 , è stato un riconosciuto Guru della buona cucina, definito uno dei più valenti chef europei, unico italiano insignito del  commendatorato della cucina francese.
Figlio di un sarto, che voleva che il figlio studiasse, a 12 anni diventò garzone in una macelleria di Bologna, poi cominciò a fare il rosticcere per conto di uno dei più prestigiosi ristoratori bolognesi. 
Per anni ha gestito il ristorante 3G a Bologna. In questi anni ha scritto i libri di cucina :
  • “Il desco di Dionyos”, 
  • “Dizionario gastronomico”,
  • Apologia della mortadella”,
  • Alimentiamoci di legumi e frutta”.
Nel suo orto, sui colli di Misano coltivava con passione erbe officinali e aromatiche, svariati ortaggi senza far ricorso a trattamenti chimici. 
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Qui, in mezzo a ulivi, vigneti, alberi da frutto nel suo fazzoletto di terra accoglieva gli amici e ancora li deliziava con i suoi piatti.


martedì 19 giugno 2018

La citazione più antica della Carbonara potrebbe risalire alla “Lunga vita di Trilussa” di Mario dell’Arco, del 1951.

In questo libro si ricorda che il poeta, nato nel 1871 e morto nel 1950, non amava molto gli spaghetti alla carbonara e preferiva la bistecca:
“E’ difficile che il nostro poeta muova all’assalto degli spaghetti “alla carbonara” o “alla carettiera” se non ha di scorta due o tre forchette ottime come la sua. 
Davanti alla bistecca sembrava meglio disposto a improvvisare l’epigramma (mangiava dal bolognese a p.zza del popolo).”

Se il poeta aveva già consolidato i suoi gusti a trent’anni, significherebbe che la Carbonara fosse riconosciuta come tale all’inizio del ‘900, se invece il gusto per la carbonara si è affermato nella sua vecchiaia questo ci porterebbe agli anni a cavallo della II guerra.


lunedì 18 giugno 2018

Carbonara – Un Ristorante di Chicago, 1952

Ricapitolando: 
  • prima della seconda guerra mondiale nessuno aveva mai usato il termine Carbonara, un piatto del genere, con quegli ingredienti, non era noto come piatto tipico;
  • negli anni ’50 invece il termine era usato, anche se gli ingredienti potevano variare. 

Una curiosità compare su una guida del 1952 “An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side” di Patricia Bronte, un ristorante di Chicago ha nel menù proprio la carbonara, con:
  • tagliolini, varietà di pasta all'uovo, di veloce cottura, tipica della cucina molisana e piemontese,
  • pancetta, 
  • uova,
  • parmigiano. 
Anche qui niente pepe!

Che un soldato l’abbia assaggiata a Roma nell’immediato dopoguerra e poi portata in patria? 

Altrimenti com’è finita la carbonara nel 1952 a Chicago? 




domenica 17 giugno 2018

Carbonara – Il servizio del New York Times, 1954

Un’altro indizio molto interessante è contenuto in un servizio del New York Times del 1954, intitolato “When in Rome you eat magnificent meals in simple restaurants”, firmato dal suo corrispondente romano:
“C’è un’altra ricetta segreta per gli spaghetti a Roma che ha goduto di una certa fama dalla Guerra. 
La si può trovare alla Trattoria al Moro, nascosta nel vicolo dietro la Galleria Colonna. 
Gli “Spaghetti al Moro”, in realtà, sono una variante della nuova moda tra i sughi per gli spaghetti alla carbonara. 
Non sono proprio nuovi ma c’è una specie di moda ora, una salsa la cui peculiarità è il bacon a pezzettini, per non citare i soliti uova, burro e formaggio. 
Per i migliori spaghetti alla carbonara o almeno tanto buoni quanto si riesce a trovarli, uno può andare da un altro Alfredo, quello nella meravigliosa vecchia piazza vicino al Vaticano, nella parte antica di Roma, Piazza di Santa Maria in Trastevere.”

Gli “spaghetti al Moro” sono una variante della carbonara con un poco di peperoncino invece del pepe nero. 
Notate anche qui l’uso del burro, anche se non viene specificato se l’utilizzo fosse solo per soffriggere il bacon, oppure se veniva  aggiunto crudo alla salsa. 
Ancora una volta il pepe in quantità non è citato.
La peculiarità di questo piatto era l’aggiunta del bacon, rispetto ai “soliti” uova, burro (?) e formaggio!

Questo a dimostrare ancora una volta che agli inizi degli anni ’50 la ricetta era ancora fluida, per nulla definitiva. 
L’articolo è interessante perché conferma che la Carbonara ha iniziato ad avere una certa fama dalla guerra, e che nel 1954 era diventata “una nuova moda”, anche se appunto il piatto non era nuovo, visto che erano ormai passati dieci anni dalla liberazione di Roma da parte degli alleati. 


sabato 16 giugno 2018

Carbonara – Il libro Racconti Romani di Alberto Moravia, 1955

Nel 1955 la Carbonara doveva già essere molto popolare, fece una comparsa addirittura in “Racconti Romani” di Alberto Moravia, pubblicato quell’anno.
Racconti romani” è una raccolta di settanta racconti, contenenti degli stralci di vita quotidiana nella Capitale nel secondo dopoguerra, narrati ognuno in prima persona, vicende con differenti protagonisti di qualsiasi condizione sociale: 
  • si va dal povero perseguitato dalla fame, 
  • all'uomo di condizioni modeste che incorre in una comunità di persone poverissime,
  • fino alle vicissitudini di cittadini agiati, in grado già di possedere un'automobile o di intraprendere una luna di miele in una località distante. 

A fare da sfondo, la realtà romana, in un'epoca di transizione, quella della ricostruzione, che si lascia alle spalle gli orrori delle Seconda guerra mondiale, intravedendo l'imminenza del “boom economico” di là un decennio a venire.
Moravia riesce, attraverso la descrizione dei personaggi a dare un'idea chiara di come fosse la vita dopo la Seconda guerra mondiale. 

Lo scrittore dimostra una notevole capacità di osservazione, grazie alla quale riesce a inquadrare la gente e a saperne poi raccontare solamente con uno sguardo:
“Lui prese la carta come se fosse stata una dichiarazione di guerra e la guardò, brutto, un lungo momento, senza decidersi. 
Poi ordinò per se stesso tutta roba sostanziosa; spaghetti alla carbonara, abbacchio con patate, puntarelle e alici. 
Lei, invece, roba leggera, gentile. Scrissi le ordinazioni sul taccuino e mi avviai verso la cucina.”


E’ questa la prova esplicita che all’inizio degli anni ‘50 il piatto era già considerato Romano.

venerdì 15 giugno 2018

Carbonara – Guida americana, 1957

E’ necessario un supplemento d’indagine cercando tra le guide ai ristoranti scopro una guida del 1957, intitolata “Eating in Italy: a pocket guide to Italian food and restaurants”. 
Guida rivolta ai turisti americani in Italia, che rivela fatti interessanti, la Carbonara è citata più volte, come ingredienti riporta:
  • le uova;
  • il formaggio non meglio specificato;
  • il bacon, come poter chiamare da un punto di vista american il guanciale o la pancetta?
  • il prosciutto alternativo al bacon;
  • il burro, oltre al bacon, orribile!
Noto che non si menziona il pepe. 
Se anche veniva aggiunto non era sicuramente un ingrediente caratterizzante come oggi, come l’aggiunta del sale che non si indica nemmeno.

Questa variabilità degli ingredienti mi fa pensare che negli anni ‘50 la ricetta della Carbonara non fosse ancora codificata.
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Ricetta quindi ancora molto fluida, come se i ristoranti in quel periodo cercassero di offrire la Carbonara di fresca origine, personalizzandola e variandola a piacere.