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domenica 5 agosto 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Ci sono andato 2018

Ci sono tornato questo 19 luglio 2018

DCi sono andato anche questo 19 luglio 2018, diversamente da Gerald, non sarei potuto diventare un:
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oun commesso di negozio;
oun prete;
oun soldato;
oun omosessuale;
oun tycoon della finanza. 

Proprio come Gerald, sarei potuto diventare un:
oun barman dietro al bancone di un bar;
oun insegnante di filosofia in un liceo;
oun fisico teorico impegnato nella teoria delle stringhe;
oun inveterato single, senza figli, pieno di amicizie sessuate;
oun Amministratore Delegato di una società di informatica;

Non sono diventato nulla di ciò.
Ma almeno oggi so come è andata a finire.


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sabato 4 agosto 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Ci sono andato 2012



Il 3 dicembre 2012 Ian Anderson ha eseguito in concerto i due album, originale e sequel, uno in coda all'altro, in un tour mondiale passato quel giorno anche per Roma. 
Stavolta ho acquistato un regolare biglietto.
Ci sono andato.
Ci sono andato per il ragazzo senza biglietto che ha sfondato al Brancaccio nel 1971.
Ci sono andato per lo studente squattrinato che ha investito 3.500 lire in Thick as a brick nel 1972.
Ci sono andato per il folletto, che sprizza incontenibile energia anche a 65 anni..
Ci sono andato per viaggiare nel tempo.
Ci sono andato per la passione e l’emozione per la musica che ascolto da 40 anni, la colonna sonora della vita dell’uomo di mezza età che sono diventato, sospeso tra di Gerald Bostock, che ha sei anni meno di me, e Ian Anderson, che ne ha 11 di più.
Ci sono andato per mia figlia, figlia della generazione di Internet, che deve ancora iniziare a valutare la miriade di possibilità che le si offrono ad ogni svolta.   
Ci sono andato soprattutto perché, come Gerald, potrei chiedermi: 
"Cosa sarebbe stato di me se ...".


venerdì 3 agosto 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Ancora rock progressive

Preso dalla volontà di dare un seguito a Thick as a brick, proprio in occasione del suo quarantennale, Ian Anderson si è ritrovato a metter mano ad un nuovo tassello nella storia del rock progressivo: 
"Se qualcuno mi avesse suggerito di fare un concept album progressive nel 2012 l'avrei preso per pazzo, eppure è proprio quello che è successo".
Tutto grazie all'opera di convincimento condotta su di lui da un discografico, Derek Shulman, cantante e fondatore dei Gentle Giant , anche questo gruppo rappresentante del rok progressivo inglese degli anni ’70, che ha detto:
"So bene che questi testi concettuali e affatto leggeri potrebbero risultare per molti fuori posto nel mondo distratto che viviamo oggi, ma essendo stato in tour nel 2010 e nel 2011 in Italia, nell'America Latina e in Australia e in altri paesi in cui la passione vola ancora alta, ho deciso che forse il mondo, o piccoli angoli di esso, possono essere pronti  per una vivanda più sostanziosa".




giovedì 2 agosto 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – 5 Finali

Perché la scelta di tratteggiare tanti diversi Gerald Bostock? 
Risponde Ian Anderson:
"Quando nel febbraio 2011 ho cominciato a lavorare sull'idea di questo nuovo album, ho buttato giù su un pezzo di carta 15 o 20 possibili esiti nella vita del bimbo prodigio del primo album. 
Ne avrei scelta soltanto una, questo era il mio primo progetto. 
Ma nel corso di un'esistenza ci sono salti improvvisi, cambi di direzione, e allora mi sono concentrato su cinque possibili Gerald e ad ognuno ho associato due brani, il primo sulla crescita e il secondo sul presente. 
Ho inoltre deciso che i 2 pezzi non avrebbero superato insieme i 15 minuti, per poter restare all'interno dei tempi dell'edizione in vinile, a cui ho sempre guardato come il formato principe. 
Tratteggiare tanti diversi Gerald Bostock non risponde tanto alla curiosità di vedere cosa sia mai diventato quello studente così precoce e geniale, è utile piuttosto per riflettere su come si sviluppano le vite di tutti noi, su come cambiano direzione tra opportunità e incidenti, per quanto piccoli e senza significato essi ci possano sembrare nel momento in cui accadono". 
Alla fine della storia raccontata nel disco le strade, apparentemente così distanti, si riuniscono in una sorta di finale guidato da qualcosa di simile al destino. 


mercoledì 1 agosto 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Thick as a Brick 2

Nel 2012, in occasione del 40º anniversario della pubblicazione del album del 1972 Thick as a Brick, Ian Anderson ne pubblica a suo nome il sequel, Thick as a Brick 2 o più sinteticamente TAAB2.
Sono passati 40 anni, il giornale riprodotto sulla copertina dell’album non è più, come nel 1972, un quotidiano di carta, ma la sua versione de materializzata: il sito internet del "St. Cleve Chronicle". 
Thick as a Brick 2, riprende la storia di Gerald Bostock, premiato all'epoca come poeta in erba, diventato oggi un signore di mezza età, sempre con il pallino per la scrittura: è ancora lui, l'alter ego di Ian Anderson, che, a 48 anni appena compiuti, firma ancora una volta i testi di questo nuovo album. 
Che fine ha fatto Gerald Bostock? 
E’ la domanda sottesa al nuovo concept album.
Attraverso i diciotto brani che compongono il disco, si delineano alcuni possibili percorsi che il ragazzo avrebbe potuto intraprendere nel corso degli anni, una sfilata di alter-ego che illustrano svolte potenziali, scherzi del destino, opportunità. 


martedì 31 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Kokopelli

Kokopelli è una divinità preistorica delle tribù indiane d’America, considerato anche come simbolo della felicità, della gioia e della fertilità:
  • per i Navajo, rappresenta uno spirito guida e un cantastorie di favole di altre tribù, come anche un commerciante ambulante che porta nel suo personale sacco (rappresentato dalla sua curvatura) merci leggere: piume, conchiglie, pietre semipreziose e semi.
  • per gli Hopi, trasporta i bambini non nati sulla sua schiena e li distribuisce alle donne, cosa per cui le giovani ragazze spesso ne hanno paura;
Kokopelli  è disegnato come un uomo stilizzato con un'accentuata curvatura della sua schiena mentre danza attorno ad un fuoco e suona il suo flauto.
Come espressione della fertilità, per la sua particolare curvatura della schiena, Kokopelli viene descritto come un suonatore particolare: il suo personale flauto è il suo stesso pene.
Nelle sue apparizioni Kokopelli visiterebbe i villaggi suonando il suo amato flauto e trasportando i semi nel suo fagotto (in molti pensano che la sua curvatura rappresenterebbe in realtà il sacco delle merci).

Più una leggenda vede Kokopelli responsabile della conclusione dell'inverno e dell'inizio della primavera: mentre cammina tra i vari villaggi suonando il suo flauto, il sole spunta nel cielo e la neve si fonde, l'erba si colora di un rigogliosissimo verde, gli uccelli cominciano ad intonare canti di gioia e tutte le creature viventi si riuniscono intorno per sentire le sue storie.


lunedì 30 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Krishna

Krishna è, nella tradizione religiosa induista, il nome di una incarnazione del dio Visnu, l'Essere supremo.
Per alcune correnti religiose induiste egli è tuttavia considerato direttamente l'Essere supremo stesso e non semplicemente una sua manifestazione.
Alcuni dei numerosi appellativi di Krishna lo collegano al flauto:
  • Colui che rapisce la mente col flauto.
  • Colui che regge il flauto.
  • Incantevole suonatore di flauto.
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Numerose sono le rappresentazioni di Krishna  con il flauto traverso, in queste compare eretto sulla gamba sinistra, con la destra piegata a poggiare a terra solo la punta del piede.


domenica 29 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Equilibrista

La tendenza di Ian Anderson a stare su una gamba sola mentre suona il flauto è nata per caso. 
Durante lunghe prove, era su una gamba mentre suonava l'armonica, tenendo il microfono per stare in equilibrio. Un giornalista lo descrisse, sbagliando, come in piedi su una gamba sola a suonare un flauto.  Decise così di sfruttare questa reputazione, anche se inizialmente con qualche difficoltà. 
Solo successivamente venne a conoscenza, rimanendone piacevolmente sorpreso, delle rappresentazioni iconiche di varie divinità che suonano il flauto, mostrate in piedi su una gamba sola, in particolare:

  • Krishna,
  • Kokopelli.

sabato 28 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Iconico e Poilistrumentista

La carriera di Anderson è sempre stata caratterizzata da un'immagine fortemente distintiva sulla scena, spesso in contrasto la diffusa cultura della musica rock. 
Ha tratto ispirazione dal folklore inglese, usato sempre grande autoironia e parodia di se stesso, apparendo nel tempo come:

  • giullare medievale, 
  • menestrello elisabettiano,
  • signorotto di campagna inglese o proprietario terriero scozzese, 
  • astronauta, 
  • motociclista, 
  • pirata.
  • vagabondo. 

Oltre che cantante solista, Ian Anderson è un eccezionale polistrumentista; negli album dei Jethro Tull Anderson ha suonato occasionalmente una varietà di altri strumenti, tra cui:
  • armonica, 
  • chitarra elettrica, 
  • basso, 
  • violino,
  • sassofono, 
  • trombone,
  • tastiere, 
  • organo Hammond, 
  • percussioni.

La leggenda narra che da ragazzino, il volenteroso musicista autodidatta Ian Anderson, sia andato a vedere un concerto di Eric Clapton, decidendo poi di non dedicarsi ad un solo strumento ma a più d'uno, perché conscio che non sarebbe mai stato all'altezza del chitarrista inglese.
Scambiò la sua chitarra elettrica con un flauto traverso e, dopo alcune settimane di esercizio, scoprì che poteva suonare abbastanza bene sia in stile rock che blues.
Ha continuato a suonare la chitarra acustica, utilizzandola sia come melodica sia come strumento ritmico. 


venerdì 27 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Ian Anderson

Ian Scott Anderson (1947), scozzese, cantautore, musicista, polistrumentista, è il leader del gruppo storico progressive dei Jethro Tull.
Scozzese di nascita, cresciuto nella capitale Edimburgo, nel 1959 si spostò con la famiglia a Blackpool, Inghilterra dove ebbe un’educazione tradizionale per poi proseguire con studi artistici.
Da ragazzo Anderson lavorò presso un negozio di Blackpool e poi come venditore in una edicola. 
Nel 1963 formò The Blades con alcuni compagni di scuola, una band soul e blues, con Anderson alla voce e armonica a bocca, non ancora con il suo celebre flauto.
Nel 1965, Anderson si era trasferito a Luton dove incontrò il batterista Clive Bunker e il chitarrista e cantante Mick Abrahams. 
Insieme a Glenn Cornick, il bassista, creò la prima formazione dei Jethro Tull di cui resterà leader per più di 50 anni.
Anderson è autore dei testi e delle musiche della maggior parte dei brani dei Jethro Tull. 
I suoi testi, spesso complessi, ironici e sarcastici:
  • talvolta affrontano in modo molto diretto e corrosivo, temi religiosi, politici e morali;
  • altre volte combinano generi che vanno dal folk al mitologico al fantastico.
L'attività di Ian Anderson negli ultimi anni è concentrata soprattutto sulle perfomance dal vivo. Dice: 
"Non potrò continuare a farlo tutta la vita, perciò finché posso mi piace suonare in ogni angolo del mondo". 

Un brano particolarmente noto dei Jethro Tull, “Bourée”, libere ed estrose variazioni da un tema di J.S. Bach, è considerato paradigmatico della sua tecnica.

giovedì 26 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Jethro Tull

Negli ultimi mesi del 1967, quattro capelloni si ritrovano a Luton, cittadina del Bedfordshire, nel sud dell'Inghilterra. I talenti genuini e poco accademici di Ian Anderson, Mick Abrahams, Glenn Cornick e Clive Bunker, si uniscono per dar vita alla formazione originale dei Jethro Tull, gruppo rock che prende il nome dall’omonimo agronomo pioniere della moderna agricoltura.
Nel 1968 i Jethro Tull si sono costruiti un seguito come volto nuovo nella scena musicale underground di blues revival, pubblicano l'album "This Was" che, pur pagando un tributo alla tradizione blues dalla quale proveniva la band, conteneva già  accenni delle influenze più vaste che sarebbero diventate evidenti dopo.
Nel 1969 si imbarcano, nella registrazione della pietra miliare "Stand Up" che gli fa raggiungere il primo posto nelle classifiche inglesi. 
Le influenze classiche, jazz, folk ed etniche rendono questo disco eclettico un punto fermo per la storia iniziale del gruppo. 
Da qui inizia un'ascesa esplosiva che culmina nei tre anni successivi con le copertine su Time e Rolling Stone, cinque serate al Forum di Los Angeles e tre al Madison Square Garden di New York. 
Alcuni singoli di successo incrementarono la popolarità nei primi tempi, tra questi, "Living in the Past". 
"Aqualung" e i concept album "Thick as a Brick" e "A Passion Play" confermano l'etichetta progressive rock. 
Nel corso degli anni '70, '80 e '90 fino al nuovo millennio, i loro album e concerti hanno dimostrato ad ogni latitudine la perdurante credibilità artistica di un complesso sempre capace di rinnovarsi. 
Inizialmente con uno stile blues, i Jethro Tull hanno attraversato la storia del rock, passando per vari generi, dal classico al folk rock, dal progressive alla musica etnica, dal jazz all'art rock.
La musica dei Jethro Tull è contraddistinta, soprattutto, dalla presenza dominante del flauto traverso, suonato dal carismatico leader Ian Anderson.
La popolarità del gruppo ha raggiunto paesi dove la musica rock non era stata ancora promossa e la leggenda dei Jethro Tull ha preso piede da Buenos Aires fino a Budapest. I fans sono stati ricompensati con concerti in luoghi dove altri gruppi avevano paura a suonare, o semplicemente non erano interessati a farlo. 
Dopo 50 anni di attività musicale, circa una trentina di album al loro attivo e più di 60 milioni di dischi venduti, più di 2.500 concerti in 40 paesi, i Tull sono ancora sulla cresta dell'onda, impegnati mediamente in un centinaio di concerti all'anno che richiamano vecchi e nuovi fans, suonando davanti a 300.000 persone l'anno. 


mercoledì 25 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! – Concept Album

La leggenda vuole che l'idea di realizzare un concept album sia venuta a Ian Anderson dopo che i critici avevano etichettato come tale il precedente album dei Jethro Tull, Aqualung.
Un concept albumè un disco 33 giri in cui tutte le canzoni ruotano attorno a un unico tema o sviluppano complessivamente una storia. Questa formula è diventa uno dei tratti distintivi del rock progressivo.
Il rock progressivo, spesso semplicemente chiamato musica prog, è una corrente della musica rock nata in Inghilterra alla fine degli anni sessanta, sviluppatasi principalmente negli anni settanta.
Il nome rimarca il fatto che questo genere rappresenta la progressione del rock dalle sue radici blues, di matrice americana, ad un livello maggiore di complessità e varietà compositiva, melodica, armonica e stilistica, anche mediante l'utilizzo di elementi provenienti da altre tradizioni musicali.
Il progressive ha come obiettivo dare alla musica una finalità estetica, renderla un'opera d'arte. 
Si tratta di un genere colto, che richiama continuamente la musica classica e jazz, pur essendo suonato con gli strumenti tipici del rock. 
Con Thick as a brickIan Anderson vuole prendere ironicamente le distanze dalla moda stessa dei concept album tipica del rock progressivo, portando l'idea al suo eccesso: un singolo, monolitico brano. 


martedì 24 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! - Thick as a Brick

Duro come un mattone”, in inglese si scrive “Thick as a brick”.
Thick as a brickè un album dei Jethro Tull, una suite metafisica con forti connotazioni rock, blues e folk. 
Il magico folletto è Ian Andersoncon la sua bacchetta magica, il flauto traverso.
Un disco rivoluzionario, persino per i rivoluzionari canoni del rock progressivo degli anni ‘70, che certo aveva abituato i suoi estimatori alla lunghezza dei brani, diventati ormai vere e proprie suite.
Mai nessuno aveva raggiunto la durata "monstre" di un unico brano che si snoda lungo i solchi dell'album di vinile senza soluzione di continuità, se non quella necessaria per ribaltare manualmente l'ellepì ed ascoltarne così la seconda faccia. 
Thick as a Brickè un concept album, considerato uno dei momenti più alti della carriera dei Jethro Tull, perfetto esempio del particolarissimo approccio del gruppo al rock progressivo
I testi sono presentati come opera di un immaginario bambino prodigio, il poeta Gerald Bostock. 
La copertina è caratterizzata da un packaging insolito: il fronte è un intero quotidiano ripiegato e sfogliabile, un inesistente St. Cleve Chronicle del 7 gennaio 1972. 
In prima pagina la notizia della premiazione dell'immaginario Bostock e, all'interno, i testi dell'opera, confusi tra altri articoli.
Thick As A Brick attenua le tendenze hard-rock dei Jethro Tull, recuperando le radici folk di Ian Anderson introducendo arrangiamenti barocchi e, per alcuni, vaniloquenti. 
La prima parte comincia all'insegna della musica dei menestrelli, ma la seconda parte si avventura in meandri spirituali. 
Il canto di Anderson può essere pretenzioso ma la musica che lo accompagna è sempre fresca, coesiva, scattante.
Anche dopo quarantasei anni.


lunedì 23 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! - 4 dicembre 2012

Ancora stravaccato su quel comodo divano di cuoio, ormai consunto, ancora al buio ripenso all’incontro di ieri con il folletto, dopo più di quarant’anni dalla prima magia.
Che fine avrà fatto Gerald Bostock? 
Oggi ha 48 anni.
Che avrà combinato dopo la pubblicazione di quel fortunato poema?
Molte le possibilità di quello che può essere divenuto:
oun avido banchiere, 
oun omosessuale senza fissa dimora, 
oun soldato della guerra in Afghanistan, 
oun predicatore evangelista ipocrita, 
oun uomo comune che, sposato e senza figli, gestisce un negozio all'angolo. 
Possibile nonostante l’eterogeneità delle possibilità che tutte possano convergere verso un’unica conclusione di cupa o pietosa solitudine?
Il magico folletto è tornato per raccontarlo!
Ora so che ha combinato Gerald Bostock!

Duro come un mattone2”, me lo ha svelato.


domenica 22 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! - 7 gennaio 1972

Quasi un anno dopo aver incontrato la prima volta il folletto, investo ben 3.500 lire, un piccolo capitale considerato che la paghetta settimanale che ricevo è di mille lire, in un acquisto folle.
Arrivato a casa apro religiosamente l’imballo dell’acquisto e mi ritrovo a sfogliare le pagine di un comune quotidiano inglese del 7 gennaio 1972, il St. Cleve Chronicle, che leggo avido quanto incerto, penalizzato dallo studiare francese.
Mi salta agli occhi l'articolo in prima pagina dedicato a Gerald Bostock , un bambino di 8 anni nato nel 1964, soprannominato Little Milton. 
Leggo, con l’aiuto di mia sorella che con l’inglese se la cava, la cronaca del premio da lui vinto in un concorso di poesia con un poema intitolato “Duro come un mattone”.
Premio poi strappatogli per aver pronunciato una sconosciuta parolaccia durante una trasmissione televisiva. 
Nelle pagine interne, cercando tra gli svariati articoli e le fotografie, saltando la sezione sportiva, svicolando tra i cruciverba e giochetti vari, leggo lo scritto di Bostock.
All’interno del giornale un vinile, un LP 33 giri, che religiosamente deposito sul piatto dell’impianto Hi Fi di mio padre sino a quel giorno a me inaccessibile.
Abbassata con attenzione la puntina per non rigare il vinile, grazie al comando idraulico del piatto, nel buio del salone, anche quello pressoché impraticabile, stravaccato su un divano di cuoio, chiudo gli occhi.
Un arpeggio di chitarra segna l’inizio, sopraggiunge la voce del folletto.
Mi perdo fluttuando su quelle note che riprendono il testo dei quel poema “Duro come un mattone”.



sabato 21 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! - 19 luglio 2018

L’inquieto saltellante folletto è tornato.
E’ tornato per farmi viaggiare nel tempo. 
C’è riuscito!
Si è tagliato l’irsuta rossiccia chioma fluente il folletto, nascondendone i resti sotto una bandana nera.
Dismesso il suo stravagante frac a doppia coda, che ricordo realizzato con una sorta di tartan scozzese a quadretti, ha indossato un semplice panciotto scuro su una maglietta biancaa maniche corte.
Ha mantenuto i pantaloni a calzamaglia, grigi, infilati in stivali di cuoio alti fino a sotto il ginocchio, con le lunghe stringhe annodate sul davanti.
Ha messo su pancetta il menestrello, ormai sessantacinquenne.
In piedi, anzi su un piede solo, magicamente sospeso su una sola gamba, la sinistra piegata a poggiare il collo del piede sul teso ginocchio destro.
Senza incertezze, nonostante il precario equilibrio, come fosse un fenicottero rosa, ha afferra la sua lucente, argentata, forata, bacchetta magica.
L’ha brandita, saltellante come suo solito.
Ho nuovamente subito la sua magia.
Sono tornato indietro nel tempo.

venerdì 20 luglio 2018

E’ tornato il folletto, per farmi viaggiare indietro nel tempo! - 2 febbraio 1971

Sono un tredicenne dei mitici anni ‘70, occhiali squadrati di metallo argentato, capelli castani ondulati sino alle spalle, in attillati jeans a zampa d’elefante, scolorito panciotto jeans indossato sopra una psichedelica camicia di cotone marrone scuto, ornata di ricami bianchi.
Sono le otto di una sera fredda, mi attardo con un amico bassista di tre anni  più grande di me al bar contiguo al Teatro Brancaccio a Roma, bevo una china martini al vapore per scaldarmi.
Quando arrivo al botteghino del teatro i biglietti, per me costosi, sono già esauriti.
Non c’è un gran servizio d’ordine, considerando il periodo, c’è anche poca polizia. 
Intorno alle nove e trenta, all’esterno del teatro comincia a serpeggiare tra la gente la notizia che il concerto sta iniziando, la spinta della folla eccitata non è più contenibile.
Vengono “aperte” le porte di sicurezza laterali, la folla di 300 giovani tra cui sono si precipita dentro, sparpagliandosi nel buio che avvolge la sala.
In quel preciso istante il folletto prende posizione seduto su uno sgabello.
Sentendo il rumore imprevisto provocato dalla gente che entra scomposta e chiassosa, si ferma e rivolge qualche incomprensibile “parolaccia” in perfetto english style verso la platea.
Strumenti già epici sul palco:
  • la chitarra, una Gibson Les Paul std. Sunburst;
  • il basso, un Fender Jazz Bass;
  • un piano a coda e un organo Hammond w. Leslie,
  • il flauto traverso, insolito nel rock, è la bacchetta magica del folletto.
L’introduzione eseguita al buio, soltanto con voce e chitarra acustica, poi l’aggiunta del piano, un possente riff di chitarra e tutta la band che parte all’unisono, la contemporanea accensione dei light-spots, mi accappona la pelle.
Immerso nel buio dell’atmosfera fantastica del teatro Brancaccio, solo con me stesso e le mie emozioni, consapevole di condividere un momento magico ed irripetibile con gli altri!

Il concerto continua, con un crescendo continuo e finisce con tutto il pubblico in piedi, accalcato sotto il palco, me incluso, delirante.