Salgo nella mia stanza un poco meravigliato perché Daniela è milanese, certo non mi aspettavo la sua presenza in albergo.
Dopo aver combattuto 10 minuti con la tecnologia delle chiamate interne all’albergo, finalmente parlo con la stanza 121.
Risponde, come previsto, una voce di donna:
“Ciao Daniela sono Marco, sono arrivato in albergo appena adesso, volevo sapere dove è la cena e se andiamo assieme …”.
La voce che risponde è troppo giovane:
“Sono la figlia … mia madre è uscita …”.
Che ci fa la figlia in albergo?
Per la verità nemmeno sapevo che Daniela avesse una figlia.
M’incasino tra il lei, poiché la figlia non la conosco, e il tu, che l’immaginabile giovane età potrebbe concedermi:
“Sono Marco, stasera dovrei essere a cena con sua madre … no non mi sono spiegato bene … volevo dire che sono un collega di mamma, un collega capito … e che stasera dovremmo andare assieme a una cena di gala, ma tua madre dove sta?”.
La ragazza m’appare imbarazzata, si lancia in una spiegazione del fatto che con la madre sono arrivate nel pomeriggio, perché domani lei dovrà fare un esame di ammissione al Politecnico.
Non sa dirmi dove sia la madre, né a che ora torni, addirittura pensava che avrebbe cenato con lei in albergo.
Gli chiarisco che non se ne parla nemmeno,che dobbiamo andare a questa benedetta cena di gala.
Possibile che la figlia di Daniela s’intristisca?
Non mi rimane che chiedergli di dire alla mamma di richiamarmi.
La ragazza solerte (del resto domani sosterrà un esame di ammissione al Politecnico, deve essere sveglia per forza!) mi chiede di lasciargli il numero.
Di rimando gli dico che la sua mamma lo conosce benissimo e mi raccomando nuovamente di farmi richiamare appena rientra che è già tardi per la cena.
Dopo un quarto d’ora Daniela non si è ancora fatta risentire.
Di richiamare la figlia proprio non mi va, quando ho riattaccato mi è sembrato che pensasse a tutta una scusa, come se tra me e la madre chissà cosa ci fosse.
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