venerdì 13 luglio 2018

Materia/Antimateria-Matematica

Come la soluzione dell’equazione di Dirac ammetteva una soluzione positiva ed un a negativa, all’interno della matematica molto prima sono palesate delle entità antitetiche ai numeri, questi antinumeri sono stati chiamati numeri negativi.

La presenza dei numeri relativi risale alle antiche civiltà in cui si svilupparono i commerci e le attività agricole. L'aumentare degli scambi di merci fece comparire il concetto di debito o spesa, che si contrapponeva a quello di guadagno o ricavo. Occorreva in qualche modo segnalare e distinguere nei conteggi i numeri associati a cose che si dovevano dare o erano andate perse da quelli concernenti cose che si avevano o venivano acquisite.

Le prime testimonianze scritte di questa distinzione tra numeri si possono ritrovare in testi cuneiformi babilonesi risalenti al 2000 a. C. in cui compaiono quantità indicanti debiti commerciali. 
L'idea che numeri di questo genere, indicanti qualcosa che ciè tolto o che non si possiede, potessero essere accettati come soluzioni di problemi o manipolati con regole ben precise, compatibili con quelle dei numeri “normali” (positivi), si afferma a fatica nel corso dei secoli.
In Cina già a partire dal III secolo a.C. si sviluppa un sistema di calcolo algebrico, in cui i numeri sono rappresentati mediante bacchette di colore diverso: rosse a indicare i positivi e nere per i negativi
Altre testimonianze dell'uso di numeri negativi si ritrovano nel testo Arithmeticadel matematico greco Diofanto (circa 250 d. C.),il quale fa cenno a due categorie di numeri distinti da lui chiamati numeri additivi e numeri sottrattivi ed enuncia la regola che descrive il prodotto tra due numeri negativi per cuimeno per meno fa più.

Anche in India il matematico Brahmagupta (circa 628 d. C.) esprime la concezione di debito con l'uso di numeri negativi. Brahmagupta ha l'intuizione, per agevolare i propri calcoli, di rappresentare su di una sbarretta i numeri indicanti i debiti ed i crediti rispettivamente a sinistra e a destra di un punto rappresentante lo zero (introdotto da matematici indiani indiani).Rappresenta i numeri negativi anteponendo loro un punto.
Un altro matematico indiano, Bhaskara (circa 600 d. C.), ossserva per primo che, dato un numero positivo, esistono due numeri, uno positivo e l'altro negativo, il cui quadrato uguagli il numero di partenza, ma che ciò non avviene invece se il numero assegnato è negativo: elevando, infatti, un numero al quadrato, non si può mai ottenere risultato negativo. Egli però da come indicazione generale di scartare, in quanto prive di senso, eventuali soluzioni negative di problemi.

La diffidenza per i numeri negativi si tramanda, assieme al loro uso, ai matematici arabi, come Al-Khuwarizmi (circa 825 d. C.),che con i loro trattati fondono le conoscenze del mondo greco con quelle delle culture orientali, tramandandole ai matematici europei del medioevo.

Anche i matematici europei, conosciuti i numeri negativi dai testi Arabi, continuano a non accettarli come veri numeri, famoso fra questi fu Leonardo Pisano detto Fibonacci (circa 1170 - circa 1250). Fibonacci con i suoi trattati introduce la notazione numerica arabo-indiana in Occidente e con essa anche i numeri che indicano debiti e crediti, facendone uso nei calcoli ma scartando ancora le soluzioni negative dei problemi.

I numeri negativi portano con se un aura sinistra di non-numeri, o di numeri strani, tanto che nei secoli XV-XVII chi pure incomincia a farne uso, continua a chiamarli numeri surdi (absurdi, assurdi), o fittizi, o falsi, come se siano enti comodi da usare in certe situazioni per svolgere alcuni calcoli, ma privi di valore reale. 
Ancora nel XVI secolo, Girolamo Cardano (1501-1576) e Cartesio (1596-1650)usano in modo rilevante i numeri relativi nei loro trattati, rispettivamente sulle equazioni di terzo grado e sui fondamenti della geometria analitica, ma non ritengono corrette e significative soluzioni negative di equazioni.



Tra i primi matematici moderni a dare delle definizioni chiare dei numeri negativi e delle loro regole di calcolo, a concepire numeri relativi come soluzioni di equazioni, c’è l'italiano Rafael Bombelli (1526-1572) che mostra come i numeri negativi possano avere un significato anche nella vita  quotidiana se correttamente interpretati.
Bombelli non riceve un'educazione universitaria ma, nonostante questo, si avvicina ai più recenti studi di algebra dell’epoca e vi contribuisce ampiamente con la propria opera, L'algebra, inizialmente sotto forma di manoscritto, che circola tra i matematici bolognesi, successivamente stampata in più edizioni. 
Per spiegarlo Bombelli fa un esempio:
 “ … se io fossi con 15 scudi e se fossi in debito di 20, una volta che avessi dato i 15, resterei con un debito di 5 cioè di meno 5 scudi”.
Egli introduce una notazione che si mantenne e si diffuse, utilizzando per indicare i numeri negativi la lettera corsiva “m” che abbreviava la parola “minus”, atta ad esprimere la loro origine come quantità legate ad una perdita o a un debito. 
Questa lettera corsiva col tempo si tramuta nel semplice trattino oggi adottato, che è finito col combaciare con il simbolo dell'operazione di sottrazione.


Contraddizioni e dispute sulla definizione rigorosa dei numeri negativi, sul loro uso e sul loro ruolo e legame con gli altri insiemi numerici, si risolveranno solo nell'Ottocento e agli inizi del Novecento grazie ai trattati di Eulero (1707-1783) e Gauss (1777-1855).

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