mercoledì 2 maggio 2018

Elogio del bere a. CC. – Gazzosa Paoletti

Una carrellata su quello che bevevano i ragazzini negli anni dell’Italia ancora in bianco e nero, degli anni ’50, '60, un’Italia che potremmo definire ancora a. CC. , ovvero Ante CocaCola, anche se questa in Italia era arrivata con gli Americani, alla fine della seconda guerra mondiale.

La gazzosa è una bibita gassata dal gusto fruttato, fatta d’acqua e leggermente gassata, zucchero, aromatizzata con acido citrico e aromi coloranti,il cui nome deriva proprio da questa sua caratteristica, ossia dal termine gas. 
Era conosciuta anche come “champagne dei poveri” perché, essendo frizzante e aromatizzata, ricordava le bollicine dello Champagne e si beveva in occasioni speciali.
Con un metodo di fabbricazione sempre uguale, cambiando gli aromi utilizzati, si ottenevano numerose varianti:
  • al vino moscato,
  • ai frutti di bosco (lampone, mirtillo), 
  • agli agrumi (aranciata amara o dolce, chinotto, bergamotto, mandarino pompelmo), 
  • alle erbe aromatiche (timo, lavanda ...). 

Il metodo originario di preparare la gazzosa risale all’Ottocento secolo, è rimasto in voga fino agli ultimi decenni del Novecento secolo, oggi è in caduto in disuso: 
  • preparava dapprima uno sciroppo bollendo per 10 minuti circa acqua, zucchero, cremortartaro e acido tartarico precedentemente sciolti in acqua in contenitori separati;
  • si lasciava raffreddare (anche per una notte) e si filtrava passandolo allo staccio o attraverso un telo di lino;
  • lo sciroppo veniva aromatizzato con succo e scorza di limone e eventualmente anche erbe o spezie come fiori di salvia, fiori di tiglio, fiori di sambuco, timo, lavanda oppure un pizzico di tè nero;
  • allo sciroppo si aggiungeva molta acqua, in seguito s’imbottigliava;
  • le bottiglie venivano lasciate al sole per qualche giorno, in modo che lo sciroppo fermentasse e si formassero le caratteristiche bollicine, poi si conservavano poi le bottiglie in cantina. 
Il procedimento è caduto in disuso per la difficoltà di trovare un equilibro fra il gas e l'acqua; se manca quest'equilibrio, la bottiglia può scoppiare per la troppa pressione.

Oggi allo sciroppo aromatizzato si aggiunge direttamente acqua gasata, inventata nel  ‘700, quando era valorizzata per le sue virtù medicinali, come già l'acqua minerale, apprezzata per le sue proprietà terapeutiche e come simbolo di sobrietà e di salute. 

Il metodo industriale produce gazzose al limone (ricetta classica), al mandarino, al lampone, al mirtillo, all’arancia dolce e amara, al pompelmo, al bergamotto, al chinotto e al moscato:
  • in primo luogo si prepara uno sciroppo, fase determinante per la qualità del prodotto finale; 
  • si porta l’acqua ad ebollizione, vi si aggiunge zucchero (circa 100 kg per 80 litri di acqua, la gazzosa non è dietetica!) e acido citrico, che per alcuni tipi (per esempio gazzose all’aroma di pompelmo e arancia dolce) non è utilizzato; 
  • si scalda nuovamente il tutto a circa 73-74°C, in seguito si filtra lo sciroppo e si lascia raffreddare per due giorni;
  • si aggiungono quindi gli aromi o la polpa (nei casi già citati), eventualmente i coloranti e si lascia riposare ancora un giorno;
  • a questo punto occorre aggiungere acqua frizzante allo sciroppo, nelle giuste proporzioni, poi imbottigliare; 
  • per imbottigliare esistono appositi macchinari che collegano tutti gli stadi dell’imbottigliamento attraverso un nastro trasportatore, l’ultima tappa del circuito prevede l’etichettatura. 

Una particolarità della gazzosa è stato il confezionamento in bottiglia e, soprattutto il meotodo di chiusura della stessa. 

Si incominciò con un tappo di sughero fissato con filo di ferro ad bottiglia panciuta di vetro verde, come per lo Champagne, forse anche da qui deriva la denominazione “Champagne dei poveri”. 

Poi si passò ad una speciale bottiglia di vetro, tipicamente bianco,inventata nel 1872 da Hiram Codd in Inghilterra, appositamente per le bevande gassate sfruttando il principio della valvola a sfera, che diede nome ad un'ulteriore denominazione della gazzosa: "Champagne da la baleta": 
  • la bottiglia non aveva tappo, erano realizzata tramite una doppia strozzatura sul collo, alla base e all'imboccatura, in modo da contenere una biglia di vetro ed una guarnizione di gomma vicino all'imboccatura;
  • dopo essere stata riempita con la bevanda, la bottiglia veniva capovolta e veniva iniettata l'anidride carbonica ad alta pressione (generalmente a 6 atmosfere);
  • quando la bottiglia ritornava in posizione, la pressione del gas spingeva la pallina in alto verso la guarnizione posta sull'imboccatura, sigillando la bottiglia;
  • per aprire la bottiglia era necessario premere la pallina, con le dita o con un legnetto, per far uscire il gas ed eliminare la pressione, a questo punto la pallina scendeva, pur rimanendo nel collo grazie ad una strozzatura che le impediva di raggiungere il fondo.
Le bottiglie Codd vennero prodotte e utilizzate per diversi decenni, ma entrarono gradualmente in declino con la diffusione del tappo a macchinetta e del tappo a corona. 

Iltappo Coff fu proibito nel 1940 per ragioni di igiene (era difficile ripulire le bottiglie per il loro riuso) e da quel momento si utilizzò la bottiglia chiusa con iltappo a macchinetta, o meccanico, detto anche tappo puffbrevettato nel 1875, offe il vantaggio di poter essere aperto senza l'ausilio di apribottiglie levacapsule (tappo a corona):
  • è un dispositivo composto da un tappo in porcellana bianca (oggi anche in plastica) con molla di metallo, che si apre o chiude secondo il principio di funzionamento a ginocchio; 
  • ha una guarnizione di gomma (tipicamente arancione) ad anello sul tappo. 

Eppure negli anni ’60, ricordo che i miei nonni in osteria miscelavano il vino bianco dei castelli romani con le gassose nella caratteristica bottiglietta con la pallina di vetro che le tappava, soprattutto quando il vino non era buono o quando faceva molto caldo.

In quegli stessi anni l`oggetto del desiderio dei bambini era più la biglia di vetro della bottiglia, che la gassosa, i bambini (me incluso):
  • rompevano la bottiglia per prendere la biglia di vetro;
  • per poi andare a giocare al Giro d`Italia
  • schiccherando le palline in un circuito disegnato col gesso sul marciapiede.


Al tempo la più famosa era la Gazzosa Paoletti, che:
  • nel 1924 aveva avuto successo assoluto e riconoscimenti alle Esposizioni Internazionali dell’Industria e del Lavoro di Milano e Roma;
  • nel 1925, all’Esposizione Internazionale di Bruxelles, aveva conseguito la Gran Palma d’Onore e la Medaglia d’Oro, testimonianza delle caratteristiche di bontà e qualità che contraddistinguevano il prodotto. 

Successivamente si passo a bottiglie chiuse con tappo a corona, brevettato nel 1892, come per le altre bibite in bottiglia presenti in commercio. 


Negli anni ’80 la produzione di gazzosa subisce un calo, solo da una quindicina d’anni le fabbriche di gazzosa hanno ripreso vigore e il volume di produzione è in costante ascesa.

4 commenti:

  1. Non ho ricordi di tappi a Coff ne a puff, probabilmente non ero ancora nata o troppo piccola per bere gazzose, i miei ricordi arrivano al tappo moderno a corona. Il tappo meccanico a puff, pratico per un uso quotidiano e non per conservare nel tempo, si utilizza ancora in casa mia nell'imbottigliamento del vino.Una curiosità...mi sono chiesta se sia più giusto dire "gassosa" o "gazzosa", perchè spesso ho sentito chiamarla gassosa, sono entrambi termini corretti

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  2. Mi risultano entrambi corretti, a Roma però si usa solo il gazzosa

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  3. Anch'io la chiamo gazzosa ma vedo che nei supermercati la maggior parte dei marchi come s. Pellegrino, Esselunga e altri riportano l'etichetta con la dicitura di "gassosa", vedendo anche l'immagine che hai postato m'è venuta la curiosità perché non ci avevo mai fatto caso. È la "sprite"? Bevuta non so quante volte, mi viene la curiosità di conoscerne l'origine, non so se è gazzosa o parente, piuttosto simili.

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  4. Venuta dopo, simile ma non uguale, nata negli usa

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