mercoledì 19 luglio 2017

Ci sono oggetti che ...

Ci sono oggetti che s'impossessano di me al primo sguardo.

 


Sono oggetti emozionali, perché dotati di magnetismo, dove estetica, funzione, essenzialità, ergonomia dell'uso, si compenetrano indissolubilmente conferendo all'oggetto una elevata capacità di relazionarsi con il suo utilizzatore attraverso un'esperienza emotiva così coinvolgente da diventare attrattiva. Perché segnano il passaggio dalla preponderanza del bisogno a quella del desiderio che, a differenza del primo, si caratterizza per essere un fenomeno etereo ed effimero, sfuggente e volubile, un impulso auto-generato che non richiede nessuna scusante o giustificazione.

Sono opere d'arte questi oggetti, perché dotati del potere di attrazione e di emozione estetica, che, attraverso il filtro del sentire personale indotto dall'oggetto, permette di raggiungere livelli elevati di coinvolgimento. Perché nella nostra cultura dominata dal mito della felicità individuale e da ideali edonistici, sono in grado di generare piaceri emozionali immediati e di mantenere elevata la soddisfazione dei sensi. Una soddisfazione che nasce anche da forme minimaliste, non aggressive, che valorizzano le sensazioni tattili, la risonanza sensitiva dell'oggetto.

Sono strumenti questi oggetti, perché, diversamente dall'opera d'arte, non valgono solo per l'emozione che suscitano ma anche per la funzione che esprimono. L'uso di questi strumenti, l'insieme delle sensazioni provate durante l'interazione con essi, produce un'esperienza positiva ed appagante. L'impresso ricordo di queste godevoli sensazioni, farà sentire il desiderio di provarle nuovamente.

Sono proiettori sensoriali questi oggetti, perché, più si afferma la cultura del virtuale, del dematerializzato, più diventa intenso il bisogno di spessore sensoriale delle cose, il gusto e la voglia della sensualità dei materiali. Sono in grado di dare vita ad una percezione onnisciente capace di trasformare chi li usa in un giocatore attivo del partecipativo vivere moderno.

Sono prodotti questi oggetti, perché si acquistano. Si comprano perché si desiderano. Non perché soddisfino un bisogno; piuttosto perché realizzano un sogno, un capriccio casuale, imprevisto e compiuto di getto, insincero e infantile, per questo espressione di libertà e piacere. Un capriccio che, a sua volta, produce piacere.

Sono metafora di cambiamento questi oggetti, perché dimostrano come il futuro non possa essere compreso nella cornice interpretativa del passato. Perché sono frutto di capacità visionaria e grande innovazione, utili a decrittare e gestire i nuovi scenari comportamentali che emergono nella testa delle persone, sempre più alla ricerca di nuove esperienze, e nei loro comportamenti, che manifestano segni evidenti di disagio e di sazietà, nonostante il periodo d'iperconsumismo che stiamo vivendo.

Sono media questi oggetti, perché, indipendentemente se automobili o borse, abiti o impianti Hi Fi, televisori o frigoriferi, macchine del caffè o cyclette, macchine fotografiche o telefoni, perfino vibratori, sono sempre più spesso dotati di schermo sensibile al "tocco" ed interconnessi in rete, per questo in grado di esprimere, a diverso titolo, il ruolo di mezzi di comunicazione. Sono gli infodomestici predetti ed attesi, conseguenti alla oggi raggiunta invisibilità del computer,  con la loro vocazione all'interagire con la natura umana.

Sono scoperta e conoscenza questi oggetti, perché l'importanza del "tocco" non è casuale, trova riscontro nell'infantile scoperta del mondo che il bambino fa assaggiandolo e toccandolo. Lo schermo è invece la metafora perfetta degli strumenti di conoscenza, in esso ritroviamo la traccia della loro evoluzione, è: specchio, eterna lastra di pietra, fragile tavoletta d'argilla o cerata, friabile papiro, coriacea pergamena, pesante lavagna d'ardesia, sottile pagina di libro, enorme schermo cinematografico, fluorescente cinescopio televisivo, invisibile computer ridotto ad uno schermo. Questi oggetti ci portano  a sperimentare nuovi scenari nei quali ci immergiamo emotivamente diventando partecipi attori di nuove forme multisensoriali di percezione.

Sono, asintoticamente, il mondo questi oggetti, perché, secondo il complesso paradigma del vivere moderno, "è", solo quello che autoreferenzialmente si rappresenta ed esibisce su uno schermo, in modo che altri possano, come guardoni, vederlo.

Subire il fascino di questi oggetti emozionali di grande impatto culturale è una mia debolezza che si esplica, non solo nella convulsiva propensione al loro acquisto, ma anche nell'esercitare una sorta di funzione evangelica mirante alla loro diffusione.

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